Burgman 400 K8 Report tour - Untimed

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Burgman 400 K8 Report tour

Tour Trexenta 10 giugno 2025 - km 120

Questa volta con Ignazio, decidiamo di percorrere le strade della Trexenta, alla scoperta di chiese e nuraghe.
Ci ritroviamo alle 8:30 in piazza di Chiesa a Senorbì, per poi andare a caricarci con un buon caffè, presso il bar Loi Zedda.
Alle 9:00 ci mettiamo in viaggio sulla SS 547 in direzione Selegas, per toccare poi i paesi di Guamaggiore, Guasila, Villanovafranca, Mandas per finire con la visita al nuraghe Su Piscu di Suelli.
Selegas: comune di 1.262 abitanti situato a 234 m.s.l.m. L'area fu abitata in epoca nuragica e romana, per la presenza nel territorio di diverse testimonianze archeologiche. Durante il medioevo appartenne al Giudicato di Cagliari e fece parte della curatoria della Trexenta. Alla caduta del giudicato (1258) il territorio passò per breve tempo al giudicato di Arborea; il giudice Mariano II nel 1295 lasciò in eredità i territori dell'ex giudicato di Cagliari alla repubblica di Pisa, feudo dei Visconti. La chiesa parrocchiale di S. Anna la troviamo già descritta in documenti del 1400 - 1500. Questa chiesa è in stile gotico - pisano del XII - XIII secolo. Nel campanile in una delle quattro campane troviamo la scritta "Seligas" 1608. La chiesa è composta da otto cappelle ed è arricchita dal marmo dell'altare e della balaustra. Una leggenda popolare vuole che i buoi che trasportavano il carico di marmo e diretto per la chiesa dei Martiri di Fonni, si fermasse a Selegas e non vollero ripartire. Accanto alla pila dell'acqua benedetta sono riposte le reliquie de martiri Virgilio e Serso che vennero uccisi sotto l'imperatore Flaviano il 23 gennaio 303 d.c. (dalla rivelazione del venerando Francesco Ortolano - Gesuita del 1623). La chiesa di S Elia fu ricostruita sulla chiesa distrutta di S. Pietro apostolo nel 1810 (la chiesa di S. Elia si pensa sia appartenuta ai carmelitani scalzi in quanto è l'unico ordine che veneri questo santo).
Guamaggiore: comune della Trexenta con 877 abitanti, situato a 199 m.s.l.m. L'area fu abitata in epoca prenuragica (fin dal IV millennio a.C.), nuragica, punica e romana, per la presenza nel territorio di diverse testimonianze archeologiche. Durante il medioevo appartenne al Giudicato di Cagliari e fece parte della curatoria della Trexenta. Alla caduta del giudicato (1258) il territorio passò per breve tempo al giudicato di Arborea; il giudice Mariano II nel 1295 lasciò in eredità i territori dell'ex giudicato di Cagliari alla repubblica di Pisa, feudo dei Visconti. Nel 1324 il paese passò agli Aragonesi insieme a tutti i centri delle ex curatorie di Trexenta e di Gippi; nel 1421 il villaggio, con tutti gli altri paesi della ex curadorìa dì Trexenta, fu dato in amministrazione a Giacomo de Besora che nel 1434 ne ottenne la concessione feudale. Nel 1497 il paese fu unito alla contea di Villasor, feudo di Giacomo de Alagón. Nel 1594 la contea fu trasformata in marchesato. Il paese fu abbandonato in seguito alle epidemie dì peste del 1651-55 e del 1681. I sopravvissuti si trasferirono un po' più a nord, dove sorge il paese attuale.
Nel 1703 il feudo venne donato da Artale de Alagón alla figlia Isabella sposata con Giuseppe da Silva. Ai Da Silva - Alagon fu riscattato nel 1839 con l'abolizione del sistema feudale.Chiesa parrocchiale di San Sebastiano: la sua costruzione risale al XVII secolo (le prime attestazioni sono del 1561), quando i superstiti di una terribile pestilenza che si era abbattuta sul paese la eressero in onore del martire, invocato per far cessare l'epidemia. Intorno alla chiesa si è successivamente sviluppato il paese. Di pianta rettangolare, la chiesa di San Sebastiano è arricchita dalla presenza di marmi policromi nel presbiterio e nelle cappelle laterali. Nel coro si conserva un organo a canne costruito nel 1772 dal fabbricante lombardo Giuseppe Lazzari. Chiesa di San Pietro: costruita fra il XIII e il XIV secolo in stile gotico, la chiesa di San Pietro si trova all'ingresso del paese arrivando da Guasila, in cima ad una scalinata. La struttura si presenta a navata unica con tre nicchie nel presbiterio archivoltato.Chiesa di Santa Maria Maddalena: semplice costruzione caratterizzata dal porticato antistante e dal campanile a vela, la chiesa di Santa Maria Maddalena risale al 1219, anno in cui iniziarono i lavori di edificazione, con i materiali di un nuraghe di cui non resta più traccia. Secondo la tipologia tradizionale della Trexenta, l'abitato di Guamaggiore si è sviluppato radialmente intorno alla Chiesa parrocchiale edificata nel XVII secolo dai superstiti delle pestilenze del 1651-54, i quali, abbandonando le antiche abitazioni site su una piccola altura, si stabilirono presso il nuovo santuario dedicato per voto al martire San Sebastiano che - secondo la tradizione - invocato nell'orrore della morte, aveva allontanato il morbo. Di pianta rettangolare, la chiesa di San Sebastiano è caratterizzata dalla presenza di numerosi marmi policromi nel presbiterio (interamente realizzati in marmo sono l'altare maggiore e la balaustrata circolare che lo delimita) e nelle cappelle laterali (interessante l'antico fonte battesimale nella prima a destra). Le cappelle centrali risultano di più antica costruzione: quella dell'Immacolata (che custodisce i simboli del martirio) era infatti l'originaria cappella votiva. Numerose sono le opere scultoree di cui la parrocchia si vanta, fra le quali le statue lignee di San Sebastiano martire, di Cristo Crocifisso, di Cristo Redentore e di San Francesco d'Assisi, tutte attribuite al noto scultore sardo Lonis. La chiesa parrocchiale, dedicata a San Sebastiano martire (XVII sec) patrono di Guamaggiore, sorge sulla piazza recentemente intitolata "Piazza Don Eugenio Pisano" in memoria dello stimato parroco che ha servito il paese dal 1960 al 1995. Nella stessa piazza sorge anche il vecchio Oratorio della Madonna del Rosario. Eretta in posizione baricentrica all’interno del centro storico, la chiesa parrocchiale è considerata l’edificio di culto più rappresentativo del paese. La fabbrica non dispone di fonti documentarie, relative alla cronologia della sua fondazione, ma può essere inquadrata presumibilmente tra il 1651 e il 1654. La scelta del luogo di fondazione è strettamente legata a fatti storici risalenti al 1651-1655 e il 1681, quando gli abitanti di Gueymajori, che erano stanziati presso la chiesa romanica di San Pietro (XII sec), furono colpiti da un epidemia di peste. Una volta cessato il morbo, la popolazione superstite edificò la chiesa, come voto al martire Sebastiano, santo al quale rivolsero le loro preghiere di penitenza. In queste circostanze ebbe origine l’attuale abitato di Guamaggiore sorto intorno a quelle che presto prese il titolo della chiesa parrocchiale. L’esterno dell’edificio propone un prospetto principale segnato da una semplice facciata tripartita, a cui si addossa sul lato sinistro, una torre campanaria a pianta quadrata. Il piano di facciata, caratterizzato da uno stile di impronta classicista, risulta arricchito da semplici decorazioni, come cornici e riquadri. L’interno impostato su un vasto ambiente a pianta rettangolare, ospita 5 cappelle rispettivamente dedicate a San Francesco, alla Madonna del Rosario, al Battistero, all’Immacolata e al Cuore di Gesù. La chiesa conserva arredi di pregio, realizzati in marmo e in legno, molti dei quali ascrivibili alla realizzazione del primo impianto, come il lavabo in pietra della sagrestia, che riporta una iscrizione datata 1678. Nel presbiterio si trova una gemma pendula in arenaria scolpita, anch’essa riferibile al primo impianto. Tra gli arredi lignei si segnala la bussola in legno intagliato dell’atrio, di ambito artigianale sardo, riferibile alla fine del XVIII e inizio XIX secolo. Di pregevole valore artistico e di elegante gusto estetico risultano l'ambone e l'altarino, entrambi ricavati dall'antico pulpito in legno policromo. Nel coro si conserva un antichissimo organo a canne e un coro ligneo recentemente restaurati.
Guasila: comune di 2.416 abitanti, posto a 210 m.s.l.m.. L'area fu abitata in epoca prenuragica, nuragica, punica e romana, per la presenza nel territorio di diverse testimonianze archeologiche. Durante il Medioevo appartenne al Giudicato di Cagliari e fece parte della curatoria della Trexenta. Alla caduta del giudicato (1258) il territorio passò per breve tempo al giudicato di Arborea; il giudice Mariano II nel 1295 lasciò in eredità i territori dell'ex giudicato di Cagliari alla repubblica di Pisa, feudo dei Visconti. Nel 1324 il paese passò agli aragonesi insieme a tutti i centri delle ex curatorie di Trexenta e di Gippi; nel 1421 il villaggio, con tutti gli altri paesi della ex curatoria della Trexenta, fu dato in amministrazione a Giacomo de Besora che nel 1434 ne ottenne la concessione feudale. Nel 1497 il paese fu unito alla contea di Villasor, feudo di Giacomo de Alagón. Nel 1594 la contea fu trasformata in marchesato. Il paese fu in gran parte spopolato in seguito alle epidemie dì peste del 1651-55 e del 1681. Nel 1703 il feudo venne donato da Artale de Alagón alla figlia Isabella sposata con Giuseppe da Silva. Ai Da Silva - Alagón fu riscattato nel 1839 con l'abolizione del sistema feudale. L'attuale parrocchiale di Guasila sorse nel XIX secolo, sull'area di una chiesa più antica, della quale restano il settecentesco campanile e alcuni arredi. La nuova chiesa venne eretta, su progetto, risalente al 1839, dell'architetto cagliaritano Gaetano Cima, tra il 1842 e il 1852 ad opera dell'impresario Cosimo Crobu. Per la realizzazione del progetto, il Cima tenne conto dei dettami contenuti ne I quattro libri dell'architettura del Palladio, dove la pianta circolare viene indicata come la più adatta ai luoghi di culto, e si ispirò a modelli quali il Pantheon di Roma e la torinese chiesa della Gran Madre di Dio. La chiesa venne inaugurata il 15 febbraio 1852, con la benedizione del rettore Francesco Ignazio Melas, parroco di Guasila. Il 13 febbraio 1903 il tempio venne consacrato dall'arcivescovo Berchialla. Nel 2002, in occasione del centocinquantesimo anno dall'inaugurazione e alla vigilia del centenario della consacrazione, l'arcivescovo Ottorino Pietro Alberti eresse la chiesa parrocchiale di Guasila a Santuario diocesano.
Villanovafranca:  comune del Medio Campidano che conta 1.147 abitanti ed è situato a 292 m.s.l.m. Si ritiene che il nome Villanovafranca abbia le sue origini nel fatto che il paese aveva concessioni di franchigie. Mancano documenti però che chiariscano se la villa sia sorta con i benefici delle concessioni o, se come tutte le altre Villanovae, sia nata in funzione rurale e abbia modificato la propria denominazione quando acquisì le concessioni. Comunque è confermata la presenza di insediamenti nuragici che dimostrano che un centro abitativo esisteva ancor prima che prendesse la denominazione attuale. L'abitato attuale sorse nel periodo aragonese (XV secolo circa), e nel 1541 fu incorporato nella Baronia di Las Plassas, feudo della famiglia Zapata. Fu riscattato all'ultimo feudatario, don Lorenzo Zapata Spiga Vivaldi, barone di Las Plassas, nel 1839 con la soppressione del sistema feudale. Da allora divenne un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio comunale. La chiesa di San Lorenzo è l’edificio religioso più importante presente nell’abitato di Villanovafranca. La facciata tripartita è rivestita semplicemente da intonaci color crema. Ha un impianto a croce latina con navata unica, con quattro cappelle laterali dedicate a San Giuseppe, alla Madonna della Salute, a Santa Vitalia e al Sacro Cuore. L’interno si presenta in stile tardo-rinascimentale, sottolineato dall’utilizzo di elementi classici come lesene, capitelli corinzi, decorazioni fitomorfe a rosetta. Nei bracci del transetto vi sono gli altari dedicati a San Lorenzo e alla madonna del Rosario. Il primo impianto della chiesa risale al 1591 come attesta il concio centrale della volta gotico-aragonese che riporta anche l’effige del santo; al 1773 si deve far risalire l’ampliamento voluto dal rettore F. Senis. Di particolare importanza l’arredo marmoreo del 1789, opera dell’artista G.B. Spazzi, che consta dell’altare, della balaustra, del pulpito e del fonte battesimale. Nel transetto sono presenti l’organo del XIX sec., ampiamente rimaneggiato, e la tela attribuita a G. Altomonte, raffigurante la Vergine, santi e Anime del Purgatorio. Nell’Abside si trova il coro ligneo perfettamente conservato ed il pezzo più antico della chiesa: la campana bronzea recante la scritta “S.Laurentii ora pro nobis A.D. MCCXX” con la raffigurazione del Santo e del Crocifisso. Attigua all’abside è la sacrestia con volta affrescata (XIX sec.), con lavabo marmoreo del 1705 e con un tipico armadio-confessionale.
Mandas: comune di 1.928 abitanti posto a 457 m.s.l.m..
Il nome del paese, già citato nel XIII secolo, è riconducibile al sardo mandara e al latino mandra che hanno significato di "recinto per bestiame. Area abitata fin dall'epoca prenuragica e nuragica per la presenza nel territorio di alcune tombe dei giganti e di alcuni nuraghi, nel Medioevo appartenne al Giudicato di Cagliari e fece parte della curatoria di Siurgus, della quale fu capoluogo dopo Siurgus. Alla caduta del giudicato (1258) passò ai Pisani e quindi agli Aragonesi, che ne fecero un feudo concesso nel secolo XIV ai Carroz. La città, che nel 1355 aveva inviato i propri rappresentanti al parlamento convocato a Cagliari dal re d'Aragona Pietro IV il Cerimonioso, nel XV secolo andò decadendo. Insieme ad altre città che erano appartenute alla curatoria formò un marchesato, che nel 1604 fu trasformato in ducato, detto appunto Ducato di Mandas. Primo duca di Mandas fu Pietro Maza de Carroz, nominato dal re Filippo III di Spagna, morto senza eredi tre anni dopo. Dai Maza la signoria passò poi ai Tellez-Giron. L'ultimo duca fu Pedro Tellez-Giron di Alcantara, e il paese fu riscattato a quest'ultimo nel 1839 con la soppressione del sistema feudale. Il paese di Mandas è citato, in quanto tappa di uno dei suoi viaggi in Italia, dallo scrittore britannico David Herbert Lawrence nel libro Sea and Sardinia ("Mare e Sardegna") del 1921.
La chiesa parrocchiale è dedicata a San Giacomo Apostolo, costruita in stile gotico- catalano nel XVI-XVII sec.; costituita dalla navata centrale a pianta rettangolare con cappelle rettangolari. La volta è in legno, le cappelle più antiche conservano gli altari in legno. La balaustra e la gradinata d'accesso al presbiterio furono costruite con marmo di Mandas. Nell'altare maggiore, di marmo preziosissimo, sono collocate tre statue in legno dorato raffiguranti San Giacomo, Sant'Anna e San Gioacchino. La facciata presenta un grande portale ad arco a tutto sesto, finestre laterali e un rosone centrale. Pregevoli gli arredi, numerosi gli argenti e i paramenti sacri. E' stata consacrata da Mons. Piovella il 5 maggio 1928.
Suelli: Nuraghe Piscu, complesso nuragico di elevata importanza archeologica, oggi chiuso al pubblico in quanto pericolante e protetto dalle autorità del luogo. Presso la struttura megalitica sono attualmente in corso degli scavi archeologici. Il nome del nuraghe deriva dal latino EPISCOPUS > camp. ant. piscobu > *piscou > camp. mod. piscu "vescovo", in quanto donato al vescovo di Barbaria da dei giudici di Cagliari. A livello morfologico, si tratta di una struttura pentalobata, dotata di una torre principale e quattro torri angolari. Il Piscu è uno dei nuraghi meglio conservati della regione storica della Trexenta. Il complesso attira numerosi curiosi e fotografi, professionisti e amatoriali, i quali apprezzano l'aspetto bucolico del panorama collinare in cui il nuraghe si inserisce.

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Pranzo:  Beer Grills - via Atzeni, 25 - Senorbì - 39.53220795538818, 9.133794769702051
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Tour Mulargia 05 giugno 2024 - km 160

Altra uscita con l'amico Ignazio. Puntuali come orologi svizzeri, ci ritroviamo alle 9 in piazza di Chiesa a Senorbì, centro geografico ed economico della Trexenta, territorio storicamente ricco, soprannominato in antichità ‘granaio di  Roma’.
Senorbì: un paese di cinquemila abitanti, basato su coltivazione di  barbabietole da zucchero, frumento, oliveti e vigneti, e riferimento  commerciale della zona. Caffè veloce e si incomincia il tour, visitando la chiesa parrocchiale di S. Barbara, costruita nel XVI secolo con un assetto di stampo tardo-gotico, la chiesa venne restaurata tra il XVII e il XVIII secolo, rinnovandone lo stile architettonico ancora oggi ben visibile nella sua livrea tardo barocca: la chiesa si presenta con una pianta a croce sulla quale insiste una sola navata voltata a botte, nella quale si affacciano anche le cappelle laterali. Il presbiterio, delimitato da un arco a tutto sesto e da un’elegante balaustra in marmo bianco, è sovrastato da una grande cupola centrale sotto alla quale è posto il regale altare maggiore in marmi policromi, riccamente decorato, che conserva, nel centro, una piccola edicola votiva ospitante la statua di Santa Barbara, intestataria della chiesa e Patrona di Senorbì.
Suelli: un paese di poco più di mille abitanti, tra XI e inizio XV secolo sede della diocesi di Barbaria (Trexenta, Barbagia inferiore, Quirra e Sarrabus),  centro di venerazione del suo primo vescovo: san Giorgio, personaggio  carismatico, vissuto sino al 1117, noto per beatitudine e miracoli,  dichiarato santo per volontà popolare e oggi anno celebrato solennemente  per cinque giorni dopo la Pentecoste. A lui è dedicato uno degli  itinerari spirituali più suggestivi dell’Isola, il cammino di san Giorgio vescovo di Suelli. Influenza e tradizione ecclesiastiche sono evidenti in architetture e arredi sacri del paese, come l’ex cattedrale di san Pietro apostolo, posta nella parte alta dell’abitato. Qui visitiamo la cattedrale di S. Pietro, posizionata nell'omonima piazza nella parte alta dell’abitato. La chiesa, menzionata la prima volta nel 1121 e cattedrale sino al  1418, conserva in facciata tracce romaniche. Fu riedificata nel XIII  secolo e restaurata nel XVI in stile gotico catalano, mentre l’attuale  prospetto è del 1869. Sull’altare maggiore è posto un grande retablo con varie tavole dipinte, opera del 1533-35. Splendido anche il pulpito  ligneo del 1634. Altre opere di pregio sono un settecentesco organo a  canne, una paratora in legno (metà XVIII secolo) e le vesti che adornano  la statua della Dormitio Virginis. A San Pietro si affiancano la torre campanaria ‘gotica’ e il santuario di san Giorgio,  il cui restauro portò alla luce tre strati pavimentali (il più profondo  altomedioevale). Nel secondo è stata rinvenuta una lastra che copriva  un pozzetto sepolcrale con dentro frammenti di ossa: forse è il sepolcro  del vescovo. Il santuario conserva opere di pregio: un retablo del XVII  secolo, che illustra la vita di san Giorgio e un artistico reliquiario  che custodirebbe parte del piviale del santo.
Sisini: la chiesa dedicata alla Madonna della Difesa si trova nel centro abitato  di Sisini, piccolo borgo, frazione di Senorbì a partire dal 1946. L'ampia facciata presenta un piatto terminale sotto il quale si apre  un'area timpanata con oculo posto centralmente, in asse con  l'incorniciato portale. Affiancato da monofore, è sormontato da una  lunetta dalla quale si dipartono decorative arcatelle che si concludono  sulle angolari lesene. Queste ultime si raccordano alla mediana cornice  marcapiano che spartisce il prospetto orizzontalmente. Sul lato  sinistro, inglobato nella muratura, un campanile a vela a due luci ad  arco a tutto sesto. L'interno si presenta ad unica navata spartita in campate e  caratterizzata da una copertura lignea. Il presbiterio, leggermente  rialzato rispetto alla pavimentazione del resto dell'aula, è delimitato  da una balaustra marmorea.
Siurgus Donigala: fino al 1927 erano due paesi, Siurgus e Donigala, unificati da Vittorio Emanuele III e oggi comune di duemila abitanti della Trexenta. Il centro si specchia nel lago Mulargia. L splendida chiesa parrocchiale di S.Teodoro (patrono celebrato a fine agosto) è di origine bizantina. Siurgus Donigala ospita circa 40 nuraghi, il più importante è Sa Parrocchia,  nel cui mastio è venuto alla luce un sepolcreto bizantino. Sulle sue  mura si sovrappongono edifici romani: fu il primo nucleo del paese,  coperto dall’odierno abitato.
Lago Mulargia: nato tra il 1951 e il 1958, nei territori di Orroli, Goni, Nurri e Siurgus Donigala, lago incastonato tra i monti su Rei e Moretta, nella porzione di Sardegna dove si incontrano i territori storici di Gerrei, Trexenta e Sarcidano, per alimentare gli acquedotti di trenta Comuni della provincia di  Cagliari, il grande bacino contiene 320 milioni di metri cubi d’acqua  che, con la sua caratteristica venatura azzurra crea una placida oasi di  pace.

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Pranzo: Burgersteak - via Sanna, 284 - Senorbì - 39.539521127390806, 9.130883734802321
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